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Carlo Innocenzi (compositore)
ArcheoAmbiente-News 05 dicembre 2010 - Eccezionale scoperta archeologica in una della camere della grotta di Is Janas (Sardegna). La Dea Madre delle caverne riemerge dal cuore della terra: scoperta eccezionale a Seulo. Il prezioso reperto rinvenuto da un'équipe di studiosi guidati dal professor Robin Skeates……

Le grotte della Sardegna continuano a stupire e ci restituiscono la testa (per adesso solo quella) di una Dea Madre vecchia di millenni. Andrea Piras ha firmato per il quotidiano L'unione Sarda un interessante resoconto di una bella scoperta che si preannuncia ricca di novità. Pubblichiamo l'articolo integrale. Buona lettura (segue...).

Le grotte della Sardegna continuano a stupire e ci restituiscono la testa (per adesso solo quella) di una Dea Madre vecchia di millenni. Andrea Piras ha firmato per il quotidiano L'unione Sarda un interessante resoconto di una bella scoperta che si preannuncia ricca di novità. La Dea Madre è la divinità adorata dagli antichi nuragici ma non solo. Qui in Sardegna, questa particolare divinità, veniva rappresentata in modo differente dalle altre popolazioni della lontana preistoria. La statuaria piccola, cioè le piccole raffigurazioni, venivano eseguite in modo artistico dagli uomini antichi che abitavano le caverne: terracotta o pietra, le statue della Dea Madre presentavano a volte i seni prosperosi e la pancia "in modo gravido", oppure longilinee, con linee ricercate in modo accurato. In questa sessione pubblichiamo l'articolo integrale tratto da L'Unione Sarda del 28 Novembre 2010. Buona lettura.

« My Good, oh my Good »
. Ha invocato Dio, Robin SKeates, quando sul palmo della sua mano è finito quel piccolo reperto antico ancora sporco di fuliggine. Lo studioso inglese non credeva ai suoi occhi. Era vero, non un sogno. Non più una di quelle speranza che ogni archeologo porta con sé ad ogni scavo. La testa tonda e stilizzata della “dea madre” era spuntata dalla terra, dall'ultimo strato di terra prima che le palette e i pennelli toccassero la roccia, laggiù nel cuore della terra, dentro Is Janas, dentro la grotta di Seulo dove i ricercatori della storia più antica stanno da qualche anno conducendo un'importante campagna di indagine per riportare alla luce le testimonianze del Neolitico sardo.

Il miracolo è avvenuto una calda mattina dello scorso agosto (la scoperta è stata diffusa soltanto ora per motivi di sicurezza e per completare le indagini), quando Robin Skeates, professore del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Durham, la geologa cagliaritana Giusi Gradoli, il professor Terence Meaden, archeologo esperto di paesaggi dell'Università di Oxford, l'archeologa cecoslovacca Agni Pignatjli e l'archeologa sassarese Irene Sanna stavano completando le indagini sull'ultima stratificazione del terreno da dove, pochi attimi prima, erano saltati fuori altri frammenti di ceramica e una bellissima punta di freccia in ossidiana.

«Un intervento - precisa Gradoli - all'interno del cunicolo laterale della camera inferiore di Is Janas. Noi eravamo già fuori con i secchi carichi di terra da setacciare, Irene era ancora all'interno. Abbiamo sentito le sue urla, urla di gioia che evidentemente non avevamo decifrato immediatamente. Aveva in mano un piccolo oggetto nero tondeggiante e ancora sporco, ma facilmente identificabile». Nessun dubbio. Nessuna incertezza. Quel piccolo frammento di pietra era la testa di una figurina votiva, un “idolo femminile” o dea madre per dirla con l'Accademico dei Lincei, il professor Giovanni Lilliu

 

Gli archeologi, che inevitabilmente Lilliu avevano letto e studiato a fondo, ci hanno messo poco per rammentare le scoperte del Professore. Le interpretazioni su quelle minuscole statuine ritrovate in Sardegna. Davanti ai loro occhi, in un attimo, le immagini delle idoli custoditi nel museo archeologico di Cagliari e di Sassari. Robin Skeates l'ha accolta nelle sue mani delicatamente, come fosse sin troppo fragile, la testa appena strappata alla terra. «Mio Dio, non può essere vero». Ruth Withehouse, professor emerito di Preistoria europea dell'Università di Londra era appena andata via da Seulo dopo aver visitato Is Janas, Longu Fresu, Is Bittuleris, Cannisoni, le grotte della Barbagia di Seulo che ora stanno facendo il giro del mondo dopo le scoperte (le pitture rupestri ma anche e soprattutto le testimonianze della presenza umana al loro interno con depositi di ossa ma anche di ossi animali, ceramiche lavorate e altri magnifici manufatti) fatte in questi anni durante le quattro campagne di scavo.

«In una delle camere di questo sistema complesso di grotte - spiega il professor Skeates - abbiano scavato un deposito archeologico stratificato. In prossimità della fine dell'indagine, quando ormai eravamo arrivati alla roccia, Sanna ha trovato la testa della figurina di pietra. Il deposito circostante comprende suoli bruciati con cenere grigio-scura e presenza di ossi di animali, pezzi di ceramica e ossidiana, inclusa una punta di freccia. Una campione delle ossa recuperato accanto alla testina, è stato già spedito ai laboratori di Oxford per essere datato con il Carbonio radioattivo e i risultati potranno darci preziose informazioni anche sul reperto».

Per l'archeologo inglese «il deposito interno di Is Janas può essersi accumulato come risultato di rituali che comprendevano una deposizione sacrificale, compresa la bruciatura di doni agli spiriti della grotta o dell'oltretomba, inclusa la figurina che potrebbe essere stata usata come intermediaria nell'azione rituale tra la gente viva e la loro divinità». Una teoria che sembra trovare conferma negli studi fatti nei Balcani e in Turchia dal professor Dougles Bailey.

La testa, di calcare o calcite, resa nera dalla fuliggine, è stata ora ripulita. Misura cinque centimetri di lunghezza per uno spessore che va dallo 0,5 al centimetro. «Da un punto di vista stilistico può essere attribuita al Neolitico finale e in maniera più specifica alla cultura di Ozieri, datata tra i quattromila e i tremila e 200 anni prima di Cristo», precisa Robin Skeates. «La testa di Is Janas è un reperto molto raro, soprattutto se riferito al contesto in cui è stat trovato. Altre figure sono state scoperte nelle domus de janas e in particolare nell'ipogeo di Porto Ferro, nella necropoli ipogeica di Serra Crabile di Sennori, ma questa è la prima volta che un oggetto simile viene rinvenuto in una grotta durante una vera campagna di scavo».

Scoperta dunque eccezionale che metterà il centro della Sardegna e nello specifico Seulo nell'elenco delle zone di grande interesse archeologico della Sardegna.
Resta da svelare, se mai sarà possibile, il mistero della testa di Is Janas.

Che tipo di esperienza traevano quelle persone da quell'ipotetico rito consumato con la figurina votiva all'interno della grotta? Chi l'ha davvero usata, quella statuina? Chi poteva vederla, chi la controllava? Sono domande a cui Robin Skeates vorrebbe riuscire a rispondere.

Una cosa è certa. «Questo tipo di oggetti - sostiene il professore del Dipartimento di Archeologia di Durham - è ricercatissimo dai tombaroli e dai collezionisti privati, ma fortunatamente siano riusciti a recuperarlo e il pubblico potrà avere l'esperienza di ammirare la sua bellezza quando verrà esposto in uno dei musei della Sardegna». Magari insieme ad altri possibili “tesori” archeologici che potrebbero emergere in occasione delle future campagne di scavo negli anfratti della Barbagia di Seulo e più specificatamente nella grotta di Is Janas. Un intervento finanziato dalla British Academy dell'Università inglese di Durham e dalla Fondazione Banco di Sardegna. «Contiamo di continuare le ricerche nell'estate del 2011 - assicura Skeates - concentrando l'attenzione sui ricchi depositi neolitici conservati nelle camere di Is Janas».

di Andrea Piras

Fonte: Unione Sarda

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