Fotografie, mappe, filmati, lettere, diari, oggetti, vestiti, materiali di vario genere per raccontare la triste storia dei prigionieri dei due campi di sterminio della seconda guerra mondiale, diventati tristemente famosi per le persecuzioni.
Esposti per la prima volta documenti nazisti.
Testimonianze uscite dagli archivi, da quei cassetti rimasti chiusi per tanti anni e adesso finalmente aperti per testimoniare, raccontare la conseguenza terribile delle leggi razziali alla quale “anche l’Italia partecipò in modo sciagurato, un piccolo contributo alla conoscenza di quella grande tragedia che ha toccato l’umanità. Un orrore su cui la cultura europea ancora si interroga. Una ferita ancora aperta”.
Quattro foto della fucilazione di massa di 1.700 ebrei del ghetto di Mizocz (Ucraina), sono l'immagine più impressionante e che davvero dà un poco il senso di quel che accadde, di cosa è stata la Shoah.
Ed ancora i filmati dal ghetto di Varsavia e da quello di Cracovia, con bambini abbandonati agonizzanti per strada o il passaggio di carretti carichi di cadaveri nudi, ammonticchiati come sacchi.
La mostra suddivisa in sette sezioni tematiche cronologiche, intende ripercorrere la storia e l’evoluzione del sistema concentrazionario e della persecuzione degli ebrei dal 1933, focalizzando l’attenzione sull’evoluzione di Auschwitz, istituito su ordine di Himmler il 27 aprile 1940, inizialmente come campo di concentramento per oppositori politici polacchi, fino al 27 gennaio 1945 giorno dell’abbattimento dei cancelli.
Viene raccontata la vita nel campo dal doppio punto di vista delle vittime e dei carnefici. Le immatricolazioni, la disinfezione, il tatuaggio, l’assegnazione degli alloggi in baracche per cavalli, il cibo, il lavoro quotidiano, le punizioni, gli esperimenti medici.
La mostra è aperta dall'immagine ingrandita di un avambraccio con impresso a fuoco il numero di matricola 182727 di Auschwitz e tra le parole scelte per campeggiare su alcuni pannelli ci sono quelle di un medico delle SS, Johann Paul Kremer che il 3 ottobre 1942, annotava nel suo diario: «Alle tre di mattina ho partecipato per la prima volta a un'Azione Speciale: l'Inferno di Dante paragonato a ciò mi pare una commedia. Non per nulla Auschwitz è definito campo per lo sterminio»
Il percorso si chiude con il racconto della liquidazione del complesso, le marce della morte e la liberazione da parte delle truppe sovietiche.
Una mostra “PER NON DIMENTICARE”.