17 febbraio 2011 - Ricorre oggi il quarto centenario della morte sul rogo in piazza Campo de' Fiori a Roma di Giordano Bruno...………



400 anni fa il prete-filosofo nolano, fu condannato a morte per le sue idee rivoluzionarie.

Il 17 febbraio del 1600, in piazza Campo de' Fiori a Roma veniva bruciato sul rogo il prete, filosofo, Giordano Bruno. Era un giovedì anche allora e la sentenza giunse dopo che il 20 gennaio 1600 Clemente VIII, considerando ormai provate le accuse e rifiutando la richiesta di ulteriore tortura avanzata dai cardinali, ordinò che l'imputato, "eretico impenitente", pertinace , ostinato", fosse consegnato al braccio secolare. Ciò significava, nonostante la presenza nella sentenza della solita ipocrita formula che invocava la clemenza del Governatore, la morte per rogo.
L'8 febbraio la sentenza fu letta nella casa del Cardinal Madruzzo e fu allora che Giordano Bruno, rivolto ai giudici pronunciò la famosa frase "Forse avete più paura voi che emanate questa sentenza che io che la ricevo" . Dunque il successivo giovedi 17 febbraio 1600 - anno santo - venne condotto a Campo de' Fiori con "la lingua in giova" cioè con una mordacchia che gli impediva di parlare e qui, spogliato nudo e legato a un palo venne bruciato vivo.

In quel terribile momento, secondo le testimonianze, Bruno allontanò ostinatamente lo sguardo dal crocifisso che gli esecutori della pena gli presentavano pervicacemente davanti al viso, come a dire "è lui il tuo carnefice". Inconsapevolmente, forse Bruno aveva messo in pratica un pensiero di molti anni prima scritto nei suoi libri e che diceva "dove importa l'onore, l'utilità pubblica, la dignità e perfezione del proprio essere, la cura delle divine leggi e naturali, ivi non ti smuovi per terrori che minacciano morte". La morte non può nulla difronte al senso delle proprie convinzioni e del proprio pensiero.

C'è ancora oggi, ed è attuale più che mai, il senso del pensiero bruniano, che è stato poi il motivo per cui fu arso vivo 400 anni fa. Il Nolano si fece portavoce di una radicale riforma morale contro l'ignoranza e l'inettitudine dei tempi, all'insegna dell'esercizio critico della propria razionalità. Questo fu visto come un atto "terroristico" dal potere dell'epoca. E tuttora rende nervosi molti pensatori cattolici, nel momento in cui si fa più duro lo scontro tra coloro che non credono nell'azione salvifica del "era meglio quando era peggio" rispetto a coloro che invece, si scagliano con questo motto contro il "relativismo imperante".

Giordano Bruno ha insegnato con la sua morte che non esiste un unico punto di vista, una verità assoluta, un credo indiscutibile, ma che il canone a cui l'uomo dovrebbe conformarsi è quello del rinnovamento continuo, un sistema di valori che ha il coraggio di cambiare giorno dopo giorno, una moralità che si lancia nel confronto continuo con le tesi contrarie.

Ma Giordano Bruno non può, proprio per quanto appena detto, essere tirato per la giacchetta dagli anticlericali militanti, che ne vorrebbero fare una bandiera solo per il fatto che qualcuno con la sottana ha deciso di bruciarlo, limitandosi quindi al solo gesto prevaricante e senza considerare la sua incessante ricerca dell'equilibrio.
E' un peccato per questo, che il filosofo nolano non sia tenuto in giusta considerazione anche nelle scuole, che dovrebbero insistere di più affinchè i suoi scritti vengano esplorati ed approfonditi.
L'unico imperativo di Giordano Bruno, di cui oggi si potrebbe far monito per ciò che vediamo tutti i giorni, era la professione di verità, dirla e praticarla sempre e comunque.
“Nihil sub sole novum”, soleva dire, e mai frase è più adatta in questo tempo e luogo.

di Carlo Vantaggioli

Fonte: TuttOggi.info