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Carlo Innocenzi (compositore)
ArcheoAmbiente-News 05 luglio 2010 - Svelato il mistero dell'usignolo migratore. Individuata per la prima volta la rotta epica tra due continenti.......

Quando ha cominciato a sentire che il vento stava cambiando e l’aria si faceva più spessa, il piccolo Oad, un usignolo di due anni lungo 16 centimetri e mezzo, ha aperto impercettibilmente le ali e ha lasciato la fattoria di Rosedene, vicino a Norfolk, per iniziare il suo viaggio verso sud.
Gli scienziati del British Trust for Ornithology, guidati da Chris Hewson, lo hanno seguito con lo sguardo finché Oad e i suoi 19 fratelli si sono persi minuscoli all’orizzonte, poi hanno incrociato le dita sperando che i rilevatori luminosi applicati alle ali facessero il loro sofisticato lavoro.
«Sembrava l’ennesimo inutile tentativo di tracciare una migrazione». Sembrava.

Meno di un anno più tardi Hewson avrebbe scoperto che Oad aveva fatto volare il suo canto per 5000 chilometri, attraversando la Francia, la Spagna e l’Africa del nord, fermandosi poi sotto il cielo della Guinea Bissau e iniziando il viaggio di ritorno in febbraio, per arrivare a casa, in Inghilterra, esattamente a metà di aprile. Una navigazione in cinque tappe attraverso l’infinito.
«Nessuno era mai riuscito a seguire un usignolo. Sapevamo che andavano in Africa, ma niente più di questo. Un mistero che si trascinava da secoli e che dovevamo risolvere in fretta».
Negli ultimi 40 anni gli usignoli inglesi di Shakespeare e Keats («La voce che odo in questa notte fugace fu udita negli antichi giorni da imperatore e contadino») sono diminuiti del 91%, forse per colpa del clima, forse per colpa dei pesticidi. «Adesso potremo finalmente capire il perché».

Oad lo hanno catturato la notte del 2 maggio 2009 mentre intonava una delle 260 strofe che gli usignoli copiano agli altri uccelli e lo hanno steso su un tavolo per applicargli un «geolocator», uno strumento complicato e molto fragile che non è in grado di seguire gli uccelli minuto per minuto, ma può spiegare con precisione dove sono stati e per quanto tempo.
Lo fa utilizzando dei sensori che segnalano alla memoria del chip latitudine e longitudine dei singoli momenti del viaggio servendosi della luce rilevata. Non può trasmettere le risposte in tempo reale, ma se un uccello torna nella sua terra d’origine allora sì, la memoria del geolocator si può scaricare in un computer.
Oad, assieme ad altri cinque fratelli con i sensori fuori uso, il 15 aprile è tornato. E il suo geolocator di un grammo funzionava benissimo.

Prima di catturarlo i contadini di Rosedene hanno chiamato Hewson, uno scienziato giovane, con i capelli neri e il doppio mento di chi fa poco moto.
«Avevo il cuore in gola. Quando l’ho visto ho pensato: Dio ti prego dimmi che è lui». Era lui.
«Sembrava assurdo. Erano passati nove mesi e Oad, con il suo corpicino minuscolo e fortissimo, era a meno di 50 metri da dove era partito. Vi rendete conto?».

Dopo aver volato sulle coste del Kent e del Sussex, l’usignolo si è diretto verso il centro della Francia e ha sfidato le correnti dei Pirenei. Quindi, passate quattro settimane, è sceso a est, attraversando la Spagna. In agosto era in Marocco. Ha scelto un albero, si è fatto un nido, aveva bisogno di riposare.
Ci ha messo 21 giorni per ricaricarsi, ma il suo viaggio non era ancora finito. Il Marocco non era la sua meta. Ha allargato nuovamente le ali per attraversare il Sahara, la Mauritania, il Senegal e finalmente si è fermato, planando sereno sulla Guinea Bissau.
C’è arrivato a metà dicembre e lì è rimasto sei settimane, mangiando larve e bacche scaldate dal sole mentre a Norfolk la neve soffocava la terra. «In febbraio ha cominciato il suo viaggio di ritorno e grazie a lui potremo raccogliere più informazioni di quelle incamerate nell’ultimo secolo. Non gli saremo mai abbastanza grati». Ora che tutto gli sembra chiaro Chris Hewson si siede nel suo studio di Thetford, nella campagna vicino a Cambridge, e ordina un piatto di pancetta e bacon.
«È una settimana che non mangio, avevo bisogno di capire». Apre la finestra che guarda sul parco. E se tende l’orecchio gli sembra di sentire un canto lungo 5000 chilometri.

di Andrea Malaguti (La Stampa)
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