Chiesa S. Francesco
di Patrizia Penazzi
La Visita Pastorale di Mons. Carlo Giacinto Lascaris del 4 Ottobre 1712, così la descrive:
"La chiesa di S. Francesco è ad unica ampia architettura, ma irregolare avendo due navate, di cui la prima ha il tetto a tegole e la seconda a volta; ma il portale è unico. Ha una torre campanaria, il coro ed accanto una sacrestia ben fornita di arredi sacri.
L’altare di S. Antonio di Padova fu costruito a spese della famiglia Rotondi a cui apparteneva il P. maestro generale dell’Ordine dei Conventuali, mentre l’altare di S. Francesco è decorato di un’urna assai lavorata per contenere il corpo di S. Felice Martire quivi trasportato da Roma per interessamento del P. Carusio dello stesso Ordine.
La chiesa è di proprietà dei frati conventuali dell’Ordine dei Minori Conventuali che vivono nell’annesso Convento.
Questo ha una comoda struttura, ma irregolare e non poco rovinata dal terremoto.
Ha sufficienti entrate di cui vivono otto religiosi.
Sotto questa chiesa, entro il Convento vi fu un tempo un piccolo Monastero dell’Ordine de S. Benedetto con l’annesso Oratorio amministrato dagli stessi monaci. Quando i monaci partirono, i diritti e l’uso della chiesa passarono ai frati Minori Conventuali, solo riservandosi la Comunità il diritto sulla sacrestia per adibirla ad uso archivio pubblico e di arsenale per la custodia delle armi.
Questa promiscuità di diritti fu causa di interminabili liti tra la comunità e i frati del detto convento, liti che ancora durano.
Infatti Mons. Lascaris, chiamate le parti, addivenne ad una composizione, riconoscendo la proprietà ai frati mentre il Comune a sanazione di affitti arretrati dava un sussidio di 30 scudi per il restauro della chiesa di S. Nicola".
Dagli atti del pubblico Consiglio del 1572 risultava che il Comune pagava l’affitto ai Frati per la stanza dell’Armario o Arsenale, ed in seguito il Comune cedette in compenso l’area del vicolo a sinistra del Convento (atto rogito Menetoni. Così nel Reg. catasto, Legati, Inventari del Convento).
Don Angelo Corona che è stato il parroco di Monteleone per moltissimi anni la racconta così:
“E’ la costruzione più grande, veramente monumentale e ricca, del centro storico di Monteleone.
Le sue strutture primitive e le sue dimensioni si possono notare osservando attentamente la parete sud dell’abside.
Le origini del nucleo primitivo risalgono al sec. XII. Era un oratorio benedettino poi ingrandito dai francescani.
Il titolo della chiesa è sempre stato “Santa Maria” (anche oggi titolare è la Madonna dell’Assunta) ma è detta chiesa di S. Francesco per la presenza dei francescani.
Aveva una sola navata e tetto a capriate. Lungo la parete ovest vi correva un porticato e da questa si entrava in chiesa; ad est fu edificato il chiostro nel sec. XIV.
Una particolare attenzione merita il portale esterno della chiesa, opera originale romano-gotica dei Maestri Lombardi.
Un fascio di tre colonne tortili, delimitate nella parte esterna da una fascia di punte stellate, gira tutto intorno.
Nella parte più interna una fascia è riempita di figure di frutta, fiori, foglie, animali, angeli e santi; oltre che espressione tipica dell’arte gotica, sembra la realizzazione figurativa del Cantico delle Creature.
Particolarmente ricco il capitello di sinistra.
A fianco dei capitelli due grandi leoni sporgono, come sentinelle, dalle mensole. Nella ogiva affiorano i resti di un affresco raffigurante la Madonna, S. Francesco e S. Nicola.
Tra il 1395 e il1398 la chiesa fu “tagliata” nella sua altezza da una volta a tutto sesto ricavando così due chiese: una superiore ed una inferiore.
Nella parte superiore furono costruite la sacrestia, il corridoio laterale con le porte di accesso al convento, la facciata ed il portale.
Nella parte dell’abside fu chiuso il finestrone originale e furono aperte due finestre per dare luce alle due chiese. Fu costruita la parete ovest attuale in linea con i pilastri del porticato che, insieme ai capitelli, formano una elegante decorazione architettonica.
Il locale ricavato tra l’antica e la nuova parete ovest della chiesa fu diviso anch’esso in due parti: l’inferiore adibita a cimitero, la superiore divenne l’attuale navata laterale, più piccola, messa in comunicazione con la grande con fornici tagliati nella primitiva parete.
Questa navata piccola, spogliata recentemente dagli intonaci che ricoprivano pilastri e crociere, ha una sua caratteristica ben definita: trecentesca.
La navata grande, lunga 44 metri, è la vera sala dell’assemblea. Nei lavori di restauro eseguiti dalla Soprintendenza ai monumenti e gallerie dell’Umbria dal 1956 al 1960, è stato ricostruito il tetto, rinnovato il pavimento con cotto dell’Impruneta, riportati alla luce tutti gli affreschi restaurati poi dal Prof. Blasetti.
(Dopo un grave furto subito la notte del 26 Ottobre 1976, l’amministrazione del Consorzio dei Possidenti di Monteleone offrì le porte blindate per meglio proteggere le ricchezze artistiche custodite nella chiesa).
Il terremoto del 1703 recò gravissimi danni al monumento. Crollò il tetto e la parte superiore della facciata con il rosone. Oggi è ben visibile tale mutilazione.
Al posto dell’antico tetto a capriate fu costruito l’attuale soffitto ligneo a cassettone, diviso in otto riquadri.
Essendo la chiesa come abbiamo detto dedicata alla Madonna, la decorazione del soffitto è tutta improntata su simboli biblici riferentisi alla Madonna. L’opera fu eseguita a tempera da “Joseph Frigerius de Nursia – 1760”. Così è scritto nell’angolo sinistro anteriore.
La grande pila dell’acquasanta, a sinistra della porta principale, è datata 1639, come le due piccole ai lati del coro sorrette da una mano; fanno parte di un complesso di opere compiute in quegli anni dal grande restauratore del convento: Padre Giovanni Antonio Massari di Monteleone.
Nell’interno, alla parete di sinistra, si nota una statua lignea di Sant’Antonio Abate (sec. XVI), segue un ricco altare barocco in legno dorato con sarcofago in rococò contenente le reliquie di S. Felice Martire.
Vari affreschi rappresentano: la “Dormitio Virginia” (morte della Madonna), San Giorgio, altre due immagini della Madonna, un resto di una crocifissione, una Madonna col bimbo in trono, un’altra immagine della Vergine col bimbo (visibili soltanto le teste), una parte del corpo di S. Maria Maddalena e di un Santo eremita (forse S. Ilarione).
Tutti questi reperti sono di una grande finezza, superiore alle comuni immagini devozionali fatte eseguire da pittori ambulanti; probabilmente sono da attribuirsi a pittori della scuola umbra del sec. XIV.
Una ricca cornice seicentesca contiene una bella tela raffigurante la Madonna col Bambino, S. Francesco da Paola con angioletto reggente “Charitas” e S. Gaetano da Tiene, il santo della provvidenza; infatti alla sua preghiera rivolta al cielo rispondono gli angeli gettando spighe di grano sulla terra.
Un’altra tela, senza cornice, raffigura l’Annunciazione: è opera del pittore romano Agostino Masucci ed è datata: 1723.
Nel presbiterio l’altare di S. Antonio, opera barocca in marmo donata dalla famiglia Rotondi nel 1694.
L’altare maggiore è arricchito da un grazioso paliotto in pietra ornato di testine d’angeli; al centro lo stemma della famiglia De Rubeis.
Dietro l’altare maggiore il coro in noce, con 14 stalli, del sec. XV. In mezzo al coro, su un piedistallo di ferro, un prezioso Crocifisso ligneo del sec. XIV di preziosa fattura.
Nei due lati restringenti il presbiterio affreschi del sec. XVI raffiguranti S. Leonardo e S. Stefano con gli stemmi dei francescani e del Comune di Monteleone.
Sotto l’arco della prima cappella, vicino al presbiterio, un elegante Tabernacolo in pietra con angeli adoranti e piastrini laterali ornati, opera rinascimentale.
Sopra questo Tabernacolo due immagini della Madonna della Quercia in affresco; sotto una c’è scritto “Devitie devozione” (con tanta devozione).
La parete destra, da cima a fondo, è ornata da una serie di tredici quadri raffiguranti Gesù con i dodici apostoli; furono donati alla chiesa di S. Francesco da un prelato monteleonese: Tommaso Sereni nel 1666 (la data è nel quadro del Redentore).
Dopo la terza tela una lapide in marmo ricorda il Governatore Alberico Cybo Malaspina ed il benefattore Amico Sinibaldi, nobile romano.
Nella navata piccola, in fondo, il fonte battesimale con colonnina quadrangolare romanica proveniente dall’antica chiesa di S. Nicola ed una vasca in pietra cinquecentesca. Sul primo pilastro sono incastonati due vecchi cimeli: un’acquasantiera ricavata da un capitello ed un’immagine di S. Maria Maddalena, in pietra, opera di arte longobarda.
Dietro il fonte battesimale una grande cornice in noce intagliata e dorata contenente la tela raffigurante l’Immacolata (rimaneggiata) con vari Santi ed in basso un paesaggio classico con frasi inneggianti alla Vergine.
Lungo la parete esterna affreschi con le immagini di S. Giuseppe e S. Antonio da Padova (1532) e la Madonna di Loreto (1527).
Più avanti, vicino alla finestra tribolata, preziosa immagine affrescata di Gesù sommo ed eterno sacerdote, con paludamenti pontificali bizantini, inchiodato sulla croce; ai suoi piedi un altare con calice e pane, opera del XV secolo.
Sulla parete di fondo altare con paliotto in marmo intarsiato e sopra un grande crocifisso ligneo del sec. XVI con ai lati due statue in carta pesta napoletana raffiguranti la Madonna Addolorata e S. Giovanni Evangelista.
Sopra il confessionale tela raffigurante l’adorazione del SS. Sacramento a ricordo dell’istituzione della relativa confraternita e stemma di Giovanni Antonio De Rubeis (costui, proprietario di una casa a Monteleone , in Via del Teatro, e della chiesina di S. Lucia nella vallata, donatore dell’altare maggiore e dell’altare di S. Felice in S. Francesco, fu celebre architetto in Roma. Di lui si sa con certezza che tra le altre cose fu consultato dall’arch. Pozzo per la costruzione dell’altare di S. Ignazio nella chiesa del Gesù. Morì a Roma nel 1695 e la sua tomba si trova proprio in mezzo alla chiesa del Gesù, con generoso epitaffio).
Sopra la porta che immette in sacrestia un’epigrafe in porfido ricorda che Padre Felice rotondi, a quell’epoca già Ministro Generale dei Conventuali, donò nel 1700 tutto il complesso degli armadi, paratorio e casse in noce che ancora si conservano nell’interno.
Il grandioso e ricco complesso, tenuto in ottimo stato, racchiude tutte le suppellettili della chiesa: vasi sacri, paramenti, biancheria, candelieri, croci e reliquiari.
Nel vano dell’attuale sacrestia si conservano anche due statue lignee raffiguranti la Madonna col Bambino: una del sec. XIII, proveniente dalla Chiesa ed Eremo “Madonna di Castelvecchio” e l’altra del sec. XVII dalla Chiesa ed Eremo “Madonna delle Grazie”.
Nella chiesa vengono inoltre conservati armadi e tavoli di preziosa fattura; tre codici membranacei del se. XV ed un piccolo organo del 1700, con ricca cantoria e sportelli dipinti a tempera sullo stesso stile del soffitto.
Le vetrate, donate da alcuni monteleonesi, sono opera moderna della ditta M. Mellini di Firenze.
La grande vetrata nella parete di fondo raffigurante l’Assunta ed uno scorcio di Monteleone, fu progettata dall’arch. Guerrino Cardinali, monteleonese.
Il chiostro, nel lato sinistro, risale al 1300.
Inizialmente era ad un solo porticato con tetto, poi fu sopraelevato ed adibito in parte ad abitazioni per il convento, in parte corridoio di fianco alla chiesa, dove si conservano scene affrescate della vita di S. Francesco e vari reperti marmorei di epoche diverse. Al centro del chiostro vi era una cisterna; nel 1579 fu eseguita la selciatura intorno alla cisterna.
Dal chiostro si accede alla chiesa dedicata a S. Antonio Abate e S. Antonio da Padova, ora in parte adibita a teatrino. E’ stata ricavata alla fine del 1300 tagliando a metà l’intera costruzione primitiva.
Conserva ancora oggi preziosi affreschi del 1400.
Il campanile è munito di quattro campane.
La più grande del peso di circa undici quintali e mezzo fu acquistata nel 1578. Nei primi anni del 1900 iniziò a rompersi e Nazario Lelli, ingegnere di Monteleone che lavorava alle acciaierie di Terni, si interessò a farle riparare. Ma nel 1919, a causa del prolungato scampanio per festeggiare la fine della guerra, si ruppe definitivamente e fu rifusa a Roma dalla Ditta Eugenio Lucenti.
E’ dedicata all’Immacolata e reca scritta la frase: “QUASI AURORA SURGENS”.
Sono incisi anche i nomi di tutti i benefattori che contribuirono alla rifusione.
La seconda è dedicata all’Assunta, è del 1778 e reca l’iscrizione:
”EXALTATA SUM SUPER CHOROS ANGELORUM. P. BAC. PETRUS PRIMAVERA GUARD. ISTAM TURRIM CAMP. AERE CONTUS AMPLIARI CONSTRUIQUE MANDAVIT CAROLUS ANTONIUS PETROLINI DE TREBIO”
“Sono stata esaltata sopra i Cori degli Angeli. Padre Pietro Primavera, con denaro raccolto, incaricò Carlo Antonio Petrolini di Trivio di costruire ed ampliare questa torre (campanaria)”.
La terza è del 1773 ed è dedicata alla Santa Croce e porta inciso:
”ECCE CRUCEM DOMINI FUGITE PARTES ADVERSAE”.
“Ecco la Croce del Signore, fuggite potenze avversarie”.
La quarta, la più piccola, era la campana dell’Ave Maria e suonava anche quando i frati andavano in coro. Porta la seguente iscrizione:
“AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINUS TECUM. VENITE EXUTEMUS DOMINO. T. G. FECIT. A. D. 1683”.
“Ave Maria piena di grazia il Signore è con Te; Venite, esultiamo il Signore. T.G. fece nell’anno del Signore 1683”.
(Bibliografia di approfondimento: "Convento e Chiesa di San Francesco in Monteleone" a cura di don Angelo Corona)